LA STANZA

Il mio amico Carlo mi diede appuntamento nel bar di un grande albergo della nostra città, Roma. Ci incontrammo lì puntuali, come al solito, e facemmo quattro chiacchiere dato che era qualche tempo che non ci vedevamo. Passammo così un paio d'ore a parlare e bere, lui spremuta d'arancia e io, al solito, gin tonic. Alla fine mi diede la chiave di una camera e mi disse di salire perché mi avrebbe fatto trovare una sorpresa. Lui però doveva andar via, perciò lo avrei dovuto chiamare il giorno seguente per raccontargli tutto.

Così, incuriosito, salii alla stanza 427, entrai ma non vi trovai nulla di strano. La stanza era una normalissima matrimoniale, non c'era nessuno. Notai solo un bigliettino sul tavolino con su scritto "Mettiti comodo e aspetta". Effettivamente mi tolsi le scarpe e mi sdraiai sul letto a vedere un po' di tele.

Mi addormentai.

Mi svegliò qualcuno che bussava alla porta. Corsi ad aprire e mi trovai davanti una stangona di un metro e ottanta, con una folta chioma bionda, riccia che gli arrivava fino quasi sul fondoschiena. Aveva un abitino fasciante molto corto, un paio di calze nere e scarpe col tacco alto a spillo. Mi salutò con un ampio sorriso e mi disse "Sono la tua sorpresa, mi manda Carlo". 

Accomodati, le dissi io ben contento, ma una volta dentro lei prese ad impartirmi ordini: "Su spogliati, stronzetto, voglio che rimani nudo come un verme". Eseguii titubante, ma curioso di vedere dove mi avrebbe condotto quel gioco. Rimasi nudo, mentre lei si sedette a guardarmi. Mi tirò un paio di calze autoreggenti nere, un paio di scarpe col tacco altissimo a spillo, un baby doll che mi arrivava all'altezza del culo, lasciando scoperti i glutei, mi disse di indossarli, poi mi fece indossare una pallina che mi mise in bocca e mi tenne ferma allacciandola con un collarino. Mi ordinò di mettermi sul letto a pecorina e mi legò mani e piedi in modo che non potessi muovermi in alcun modo. Tirò fuori dalla borsetta una frusta, tipo un gatto a nove code e cominciò a frustarmi sul culo con vigore dicendomi "Ti credevi di farti una scopata coi fiocchi eh, invece dovrai pregarmi di smettere e di andar via", e più parlava, e più frustava. Io non potevo gridare dato che la mia bocca era riempita con quella pallina.

All'improvviso smise, e mi ficcò un dito nel culo, poi due e poi tre. Mi stava ungendo con una pomata. Poco dopo mi ficcò quattro dita nel culo, cominciò a giocare col mio buco, allargandolo, dilatandolo, entrando e uscendo con le dita e alla fine mi ci ficcò dentro tutta la mano fino al polso. Mi faceva un male cane, ma mi piaceva anche e il cazzo cominciò a diventarmi duro. Mi slegò dopo avermi massacrato il culo, mi tolse la pallina dalla bocca, mi fece sdraiare a pancia in su, si spogliò e mostrò la sua splendida sorpresa. Un cazzo enorme, grosso e gonfio, con una cappella eccezionale. Me lo mise in bocca e cominciai a leccarlo e succhiarlo con avidità. Ci facemmo una gran bella scopata, o meglio, fu lei a scopare me, perchè il massimo che fece a me fu di prendermelo in bocca e di menarmelo con le mani. Alla fine mi fece inginocchiare, mise il suo cazzo in traiettoria con la mia bocca e sborrò un fiume bianco che mi inondò le labbra, la lingua, il viso e il petto. Era tantissima e non ce la facevo a leccarla e berla tutta.

Quando ebbe finito, ed io ero lì grondante di sborra, mi fece un pompino con l'ingoio, si vestì e se ne andò.

 

 
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