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IL
MARCHIO DELLA GALERA
I
PARTE
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- Avanti, cammina!
Esortò bruscamente la guardia che gli camminava vicino, lungo il corridoio.
La luce grigia di quel pomeriggio di fine ottobre sembrava quasi un sarcastico"benvenuto"in quel silenzioso inferno dove, fino a poche settimane prima, non si darebbe mai sognato di finire.
Tutto sembrava essere successo in poche manciate di secondi mentre invece la storia era cominciata tempo addietro, tra un lavoro mai arrivato e la rabbia
crescente verso uno stato che non tutela chi è senza nulla, ed anzi sembra accanirsi contro di lui. |
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Era
stato così che aveva accettato di fare quella consegna
sapendo bene che, nonostante le rassicurazioni dei
"superiori" non sarebbe stata l'ultima. Aveva poco
più che vent'anni e di certo non sapeva bene come si
svolgono gli affari in quel giro di gente che non ha nulla
da perdere, e a cui la galera sembra al massimo un soggiorno
temporaneo in una casa di riposo per delinquenti.
In sostanza le cose non erano
andate bene e lui era stato giudicato colpevole di
detenzione e spaccio di stupefacenti; lui che di quella roba
non conosceva neanche l'odore! Eppure, dopo il triste
verdetto della corte che lo aveva condannato a tredici mesi
di reclusione, aveva accettato il suo infelice destino, o
almeno aveva cercato di farlo. Non aveva voluto vedere
nessuno, se non immediatamente dopo il processo; e aveva
lasciato che la macchina della giustizia lo impigliasse nel
suo ingranaggio irrefrenabile e si era lasciato condurre,
interrogare, istruire su quello che sarebbe stato il suo
periodo di detenzione.
Ma inevitabilmente, tutto il peso degli eventi non trovò un
valido sostegno nella sua giovane fibra inesperta e, se
durante tutti i preliminari e il viaggio fino al carcere
aveva cercato di ripetersi che tutto sarebbe andato bene,
che tutto sarebbe presto finito e che lui ne sarebbe presto
uscito con un ricordo evanescente, mentre camminava per quel
lungo e grigio corridoio verso la cella che lo avrebbe
privato della libertà per i successivi mesi, uno strano
fremito corse a farsi strada nella sua emotività a lungo
tenuta a freno. Persino le manette con cui la guardia al suo
fianco lo teneva prigioniero del suo polso, sembrava pesante
come un macigno e ben presto sentì un nodo scorsoio
avvolgergli la gola.
La sua figura alta e slanciata, il suo viso dai lineamenti
forti incorniciato da di un nero ribelle e l'irriverente
filo di barba di uno o due giorni, persero gradualmente
quella luce di sicurezza che lo avevano sempre accompagnato,
ed i suoi occhi azzurri che spesso erano stato il suo punto
di forza, si velarono di un presentimento indefinito ma
ineluttabile come le pesanti sbarre che si stavano aprendo
davanti a lui.
-Ecco, il signore è arrivato!
Lo schernì il secondino, mentre la fredda griglia si
richiudeva troncando lo spazio tra lui ed il mondo.
-Chi ci hai portato stavolta? Non siamo mica all'asilo
qui!
Sghignazzò una voce dietro di lui.
Fu solo allora che, trasalendo dal suo torpore più mentale
che fisico, Vittorio si accorse che non era solo in quei
pochi metri quadri.
La cella era grossolanamente quadrangolare. La parete
opposta a quella da dove era entrato si apriva in una
finestra resa invalicabile da una fila di sbarre ed un vetro
che probabilmente non veniva lavato da quando il carcere
esisteva. Alle pareti scrostate erano attaccate qua e là
foto che dal punto dove si trovava lui non erano ben
visibili ma di cui si potevano immaginare i soggetti. Sulla
sinistra c'era un lettuccio ancora sfatto oltre il quale si
poteva notare un angolo provvisoriamente adibito a
"bagno" e sulla destra, contro la parete, un letto
a due piani, in quello inferiore stava seduto qualcuno.
Vittorio lo notò appena.
-Sta' zitto Ben! E fai gli onori di casa!
Continuò la guardia
-Il signorino ti farà compagnia per un anno! Spero gli
riserverai un buon trattamento, non vorrei che una volta
fuori decidesse di non farci più visita!
E rise sfacciatamente.
Vittorio rabbrividì a quelle parole che gli suonarono come
una minaccia, rinforzando il suo presentimento: forse non
sarebbe stato come lui aveva cercato di pensare; forse non
sarebbe uscito di lì solamente con un ricordo nella mente.
Erano passati pochi minuti ma già si sentiva
irrimediabilmente segnato nel profondo dell'anima e non
sarebbe passato molto tempo prima di sperimentare come quel
periodo non lo avrebbe solamente segnato spiritualmente.
Sbuffò sconsolato fra sé e sé e si guardò meglio
attorno.
Il tipo che lo guardava doveva essere molto più vecchio di
lui, forse più di quaranta. Aveva un espressione che non
prometteva nulla di buono, ma dal momento che si trovavano
in quel posto la cosa poteva passare inosservata. Il volto
tradiva i trascorsi di una vita di certo molto lontana da
quello che la gente comune può immaginare e ed i capelli
grigi che gli cadevano disordinatamente ai lati peggioravano
la cornice. Vittorio istintivamente cercò di guardarlo
negli occhi ma non vi riuscì.
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