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Gabbia degli schiavi

IL MARCHIO DELLA GALERA

IV PARTE

-Alza le mani troia! Ecco così… uno, due e tre; dovrebbe andare.
Venne incatenato con le braccia in alto, assicurato alla pesante fune; quando i nodi furono stretti Africa continuò a lisciarlo, ma stavolta lungo le ascelle ora ben esposte, come del resto tutto il suo corpo.
-Che femminella! Neppure un pelo!
-No?
Fece eco Stringo
-E questo ciuffo ribelle?
E allungò una mano verso l'inguine del ragazzo, che era in effetti la sola zona pelosa che si intravedeva, a parte le ascelle.
-Avresti fatto bene a depilarti anche la fica sai? Al capo non piacciono le signorine trasandate.
E risero entrambi sguaiatamente, mentre lui rimaneva appeso senza muoversi, senza poter dire nulla o fare qualcosa: la trappola, scontata quanto banale, era scattata silenziosamente. 

Il capo si avvicinò a lui mentre i due scagnozzi gli lasciavano il posto.
Appena gli fu di fronte senza incrinare il sorriso di metallo che aveva in faccia si sfilò la cinta e la afferrò con la mano destra stringendola nel pugno come per averne il massimo controllo.
Anche se si aspettava tutto quello che stava per accadergli Vittorio non potè fare a meno di cacciare un grido rauco quando la prima cinghiata lo colpì.
-Zitto stronzo! Te le devi prendere senza battere ciglio se non vuoi peggiorare le cose! Prendi questo!
E di nuovo la cinghia lo colpì sul torace fra i pettorali e l'ascella. Ed a quello ne seguirono un altro ed un altro ancora.
L'uomo in divisa cominciò a frustarlo furiosamente sul petto sui fianchi sulle cosce mentre Vittorio si contorceva per l'inaspettato trattamento cercando tuttavia di non far scappare neppure un grido, per non darla vinta a quei tipi e per non peggiorare le situazione già di per sé insostenibile.
La cinta lo colpiva sulla pelle liscia suscitando una sensazione di bruciore crudele nei punti più delicati e più sensibili e la corda che lo teneva prigioniero non gli concedeva di retrocedere se non di pochi centimetri nella direzione opposta a quella delle frustate. Sentiva quella dura striscia di cuoio abbattersi crudelmente su di lui e quasi entrargli nella carne; lo percuoteva e poi si ritirava velocissima, lasciando un segno obliquo e tornando a colpire prima ancora che la sua coscienza sottese rendersene conto. Si sentì impotente, decisamente sotto il dominio fisico e psichico di quell'uomo crudele che sembrava averci appena preso gusto.
-Bastardo! Prendi questa e questa! Stronzo non farti venire l'idea di fiatare per lamentarti,o non potrai parlare per un mese! Avanti cane, guarda che non te la caverai con così poco, posso andare avanti per ore per saziarti, troietta! Quando avremo finito sarai tu a cercarmi per averne ancora!
Vittorio si sentiva invadere l'intero corpo dalle fiamme e anche se cercava di concentrarsi per non sentire il dolore delle frustate, la furia del comandante continuava a sfogare su di lui la sua rabbia ed il suo corpo cominciava a non poterne più: il petto era un reticolo di segni rossi, le cosce forti e possenti avevano una grande macchia rossa sul davanti e lo stomaco per quanto rientrasse ad ogni colpo era caldo e livido, e lui non sapeva per quanto avrebbe resistito… Fino a quando una strana sensazione si cominciò a fare strada in lui; era come se mentalmente per resistere a quel tormento si sentisse in grado di gettarsi a capofitto in quello che gli stava accadendo, come se lui stesse prendendo coscienza del fatto che non c'era altro da fare che esporsi con quanto coraggio e forza avesse ancora in corpo, concedendosi a quell'uomo.
Quando un'ennesima cinghiata lo colpì in pieno bruciandogli un capezzolo, emise un debole ma comprensibile: 
-Ancora! 
e si lasciò pendere dalla fune senza più cercare di evitare i colpi.
Era il segnale che tutti e tre aspettavano.
-Sentito ragazzi?
Domandò quasi incredulo Stringo, rivolgendosi agli altri.
-Sicuro! Ero certo che sarebbe arrivato anche lui a questo punto… o cadono o si abituano!
E, eccitato da quel giovane corpo esposto alla sua ira, continuò con più furia cercando di colpire i punti più provati e dolenti, sferzando con tutta la forza che aveva e prendendo potenza con tutto il corpo proteso in direzione del colpo che infliggeva sul corpo martoriato.
-Ancora, si ancora capitano… 
erano le sole parole che riusciva a pronunciare stentando a credere che fossero motivate nel profondo da un desiderio vero.
Continuava a venire spostato qui e lì dai colpi del suo carnefice e ne sentiva come prima la crudeltà sulla pelle segnata e livida, ma adesso c'era anche un qualcosa di nuovo: sentiva di poter resistere a quella pioggia di dolore ed anzi di provare un certo inafferrabile desiderio nel subire. E non tardò ad arrivare il momento in cui i suoi deboli apprezzamenti si trasformarono in lascivi inviti a continuare.
-Non smetta capitano non smetta, mi faccia nero, voglio i suoi segni addosso, voglio bruciare per giorni capitano…
e continuando ad invitare nuovi colpi si girò voltando le spalle all'uomo che si stava beffando del suo corpo e della sua dignità.
-Cazzo!
Sbuffò il capitano.
-Avevi ragione Africa! Ha un culo che è un fuoriclasse! Questo bastardo merita davvero una bella lezione!
E così dicendo si abbattè furioso ed eccitato su quelle natiche sode e bianche, ma irrimediabilmente destinate a diventare rosse ed infuocate in poche manciate di secondi. Ad ogni colpo il culo faceva un leggero sobbalzo ed un nuovo segno arrivava a deturpare la loro superficie sensuale.
L'espressione composta del capitano aveva perso la sua freddezza ed il suo volto tirato cominciava a congestionarsi e le sue narici si dilatavano sempre più frequentemente via via che il suo respiro aumentava di frequenza e profondità, mentre da sotto l'uniforme cominciava a prendere forma una poderosa erezione.
-Cazzo, cazzo! Questo lo faccio nero, lo fotto a forza di frustate! Ragazzo non sai come mi sta diventando!
Continuava a colpirgli il culo e la schiena muscolosa, suscitandogli gemiti di autentico piacere. Inutile dire che Africa e l'altro delinquente stavano aspettando il loro turno fremendo di sadico piacere.

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