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IL MARCHIO DELLA GALERA

III PARTE

Il tempo parve non passare ma in un modo o in un altro il pomeriggio sembrò arrivare. Vittorio stava aspettando l'ora d'aria per portarsi lontano dalla vista dei suoi odiosi compagni di cella, ma forse dietro le sbarre, con tanti altri come lui vicino, sarebbe stato più al sicuro.
Di lì a poco una guardia uscì nel cortile e col megafono fece un appello; non capì subito ma quando il suo nome fu ripetuto la seconda volta pensò che sarebbe stato molto meglio sbrigarsi.
-Il capo ti vuole.
Disse la guardia che lo aveva cercato.Non era lo stesso secondino che lo aveva condotto in cella al suo arrivo; era molto più giovane ma aveva anche lui la stessa aria glaciale del primo. Vittorio non aveva idea di cosa fosse successo e lui era lì da troppo poco tempo per aver fatto qualche scemenza.
Rientrarono ed oltrepassarono un corridoio non molto illuminato ed alla fine arrivarono davanti ad un'ascensore.

-Entra e aspetta.
Vittorio fece come gli era stato ordinato e le porte si richiusero. Sentì la cabina muoversi verso il basso e fermarsi dopo una manciata di secondi: sembrava che fosse arrivata a destinazione.
Aprì le porte e si trovò in quello che doveva essere un magazzino: c'erano alcuni tavoli accatastati in alcuni angoli. Sedie, un vecchio frigorifero, suppellettili che nessuno usava probabilmente da anni. Alcune corde e fili elettrici di impianti in disuso erano alle pareti ed in un angolo pareva esserci un qualcosa simile ad una catena appesa al soffitto. L'illuminazione alquanto scarsa era rappresentata da una lampada a neon che pendeva dal soffitto, incerta se cadere o no. Era chiaro che nessuno avrebbe mai dato ad un detenuto un appuntamento ad un detenuto in un posto simile; ma allora cosa voleva dire? Sentì un brivido e capì che doveva trattarsi di un brutto tiro.
Un rumore lo distolse dai suoi pensieri e da una porta che non aveva ancora visto usci un uomo, accompagnato dal solo cigolìo dei cardini che risuonò col suo richiamo sinistro.
-Sei Vittorio Araldi vero?
Era l'uomo che lo aveva condotto in cella al suo arrivo, diverse ore prima.
Avanzava con la solita uniforme e non sembrava avere buone intenzioni.
Vittorio fece un passo indietro, deglutendo.
-Ti consiglio di stare calmo pischello, siamo qui e come vedi non ci sono molte alternative.Qui le cose non vanno se io non voglio e nulla accade per caso… non so se mi spiego!
Silenzio.
-Non fiati? Bene meglio così! Sai, se qui sai fare il bravo le cose possono essere sopportabili, altrimenti…
non finì la frase
Dietro a sé sentì un rumore familiare e le porte del montacarichi si aprirono di nuovo vomitando, era il caso di dire, Stringo e Africa.
-Siete già qui?
Chiese l'uomo in uniforme.
-Si signore, siamo in anticipo? Non volevamo perderci nulla!
Rispose Stringo.
-Stavo facendo quattro chiacchere col vostro amico e devo dire che non mi sembra di molte parole. Certo meglio così che come l'ultimo che abbiamo avuto… fu un bel dire!
-Cosa volete da me?
Ebbe finalmente il coraggio di chiedere Vittorio.
-Semplice ragazzino! Che capisci subito le regole e ti ci adatti, senza obbiettare e lamentarti. Tanto nessuno ti crederebbe. Punto! Sai bello, ognuno ha i suoi passatempi, più o meno idioti, più o meno impegnativi, più o meno divertenti… i miei sono tutto questo messo insieme, e possono esserlo per tutti, con un po' di buona volontà! Quindi, vermiciattolo ti conviene starci se ci tieni a restare integro nei prossimi mesi che avrai il tuo culo qui.
Il tono di voce dell'uomo era incredibilmente freddo e sicuro di se: evidentemente si era trovato in quella situazione svariate volte. Vittorio sentiva di non aver scampo e quasi si lasciò andare quando il comandante, o chiunque fosse, ordinò ai due collaboratori di fare quello che sapevano.
-Avanti voi due… non era questo che aspettavate? Forza, bello, che magari ti piace!
Lui aveva solo una vaga idea di quello che voleva dire.
Africa lo afferrò per le spalle e lo girò davanti a se; 
-Su Culo! Vediamo come ce l'hai le chiappe!
E con una mossa veloce gli abbassò i pantaloni insieme alle mutande mentre Stringo lo aveva preso da dietro per le mani: ma era più che altro per dare un tono a quello che stava accadendo: di certo Vittorio non aveva alcuno scampo.
-Ehi cazzo! Guarda che culo! E' molto che non ce ne facciamo uno così! 
In effetti aveva un bel corpo. La sua schiena larga si stagliava sopra le colonne della muscolatura lombare che a sua volta terminava nelle due quasi perfette rotondità dei glutei, che fra l'altro non avevano un pelo.
-Calmo Africa!
Ammonì sorridendo il comandante
-Prima lasciatelo a me… forza sbrigatevi! Non ho molto tempo per svezzare questo delinquente!
Stringo sfilò senza tanti complimenti il sopra della divisa di Vittorio che rimase nudo con i pantaloni calati fino alle caviglie.
-Non vorrai restare così vero? Forza levati tutto… e fallo da solo stronzetto!
-Dai culo, facci vedere se hai fegato!
Vittorio si tolse le scarpe e le calze e in breve non ebbe neanche più i calzoni fino alle caviglie. Il pavimento sudicio e freddo si fece sentire sotto i suoi piedi.
-Bene, bene, bene… proprio bene!
L'uomo in divisa lo guardava attentamente cercando di individuare un difetto in quel corpo giovane e forte, ma senza riuscirvi. Nel frattempo Africa, senza riuscire a reprimere l'istinto di palpargli un gluteo lo strattonò verso un altro punto del magazzino, dove Vittorio aveva visto la catena pendere dal muro quando era arrivato.

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